11 maggio 2015

Nel blu tra il cielo e il mare

Questo ultimo romanzo di Susan Abulhawa è come un pugno nello stomaco, ti fa riflettere e meditare sull'esistenza.
Le storie narrate prendono l'avvio nel 1948 quando la popolazione del villaggio palestinese di Beit Daras subisce un pesante bombardamento da parte dell'aviazione israeliana ed è quindi costretta ad abbandonare le proprie case e la propria vita. Da quel momento la vita cambierà drammaticamente per tutti e la striscia di Gaza, il più grande campo di concentramento del mondo, accoglierà i sopravvissuti per tre generazioni.
La voce narrante è quella di Kaled, bambino sospeso nel blu tra il cielo e il mare, ed il suo racconto è onirico e magico, intriso di poesia, straziante nella sua crudezza.
È un libro da leggere, fa capire tante cose, lascia tanti interrogativi, dimostra come veramente le disparità e le ingiustizie al mondo siano senza fine e senza senso. La scrittrice è palestinese, ora americana, potrà essere sicuramente di parte, racconta però storie vissute sulla sua pelle e quindi direi che offre una testimonianza credibile.
Non posso capacitarmi di come un popolo che ha subito atrocità inenarrabili sia così determinato ed implacabile nella sua ottusa crudeltà e lo so che sono tanti gli israeliani illuminati e pacifisti, continuano  a rimanere una minoranza ed una voce inascoltata.
Il libro è stato completato poco prima che nell'estate del 2014 Israele sferrasse un attacco su Gaza.
"Per sette settimane il suo esercito ha infierito sulla minuscola enclave, già imprigionata e sotto assedio. La fredda prosa delle statistiche ha riportato che sono stati uccisi 2191 palestinesi per la maggior parte civili (80%) tra cui 527 bambini. I morti israeliani sono stati 71, per il 93% soldati combattenti. 11.239 palestinesi sono rimasti feriti 61.800 case palestinesi sono state bombardate, oltre a 220 scuole, 278 moschee, 62 ospedali e l'ultima centrale elettrica rimasta a Gaza....
... Nonostante il terrore e le atrocità subite, i palestinesi di Gaza hanno appoggiato la resistenza perché, per dirla con le parole di uno di loro, - preferiamo morire da combattenti piuttosto che continuare a vivere in ginocchio come bersagli su cui Israele testa le sue armi-"

2 commenti:

  1. Ed il mondo sta a guardare, perché è così difficile dire dove sta la ragione e dove il torto; ognuno impegnato a morire per non sottomettersi.... Pozzi (pazzi) di immensa ignoranza, prevaricatori a prescindere.

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